Articolo estratto dalla Repubblica.it
L’uomo di Lanzarote La scoperta di Malocello Un genovese alle Canarie
- 15 dicembre 2012 —
In barba alle indicazioni che suggeriscono di dedicarsi al turismo culturale, i molti viaggiatori che si accalcano sugli aerei in direzione delle Canarie forse ignorano che Lanzarote, la più bella delle isole dell’arcipelago, deve il suo nome ad un audace navigatore di Varazze, tale Lanzarotto (il nome rievoca la “lancia” da torneo, nella forma genovese deriva da Lancillotto cavaliere delle Tavola Rotonda) Malocello (da “Malus Augellus”, la civetta che campeggia ancora oggi nello stemma di Celle Ligure): nel 1312 approdò in questa isola che fu battezzata con il suo nome.
Così come non tutti sanno che quest’anno un comitato italospagnolo ha celebrato il VII centenario rievocativo dell’impresa stimolato dai preziosi studi condotti da Alfonso Licata, avvocato cassazionista romano che al navigatore varazzino ha dedicato un volume pubblicato dal ministero della Difesa con le autorevoli prefazioni di Franco Cardini e Francesco Surdich. Il libro è un affascinante itinerario alla ricerca di puntuali riferimenti storici che diano sostanza alla figura e all’impresa di Lanzarotto. Infatti non ci sono documenti che trattino direttamente della sua figura. Si hanno solo notizie indirette: a Genova esiste qualche atto notarile che riguarda una sua discendenza famigliare, si ipotizza avesse sposato tale Eliana Fiesco, poi è certo che l’isola che porta il suo nome comparisse nella carta nautica di Angelino Dulcert nell’anno 1339, infine il fatto certo che appartenesse a famiglia di intrepidi navigatori.
Esiste un albero genealogico negli archivi genovesi delle famiglia Malocello, ma Lanzarotto non vi compare. L’autore del volume ipotizza che appartenesse ad un ramo cadetto della famiglia genovese rimasta a Varazze per dedicarsi alla costruzione delle navi. Le isole Canarie erano già conosciute ai tempi dei romani: ne parlarono Plinio il Vecchio, morto nella catastrofe di Pompei e Claudio Tolomeo, ma lo spirito avventuroso che animava i navigatori liguri diede sollecitazione a superare le colonne d’Ercole in viaggi che i fratelli Ugolino e Vadino Vivaldi nel 1291 avevano affrontato senza mai essere tornati.
Lanzarotto andò alla ricerca dei due invano e senza fortuna?
Preferì fermarsi circa vent’anni nell’isola prima di tornare. Perché in data imprecisata riccoe benestante tornò, forse cacciato dagli indigeni chiamati Guanci (“uomini di Tenerife”), che per un certo periodo godettero di autonomia e poi furono sterminati nel XVI secolo dagli spagnoli. Con riflessione ardita e non argomentata si cita anche Dante e il suo Ulisse che vide “infin la Spagna/ fin nel Marocco”.
Lanzarotto aveva letto la Divina Commedia?
Come argomenta bene Francesco Surdich, ordinario di Scoperte geografiche nell’ateneo genovese, “anche la riscoperta in epoca medievale delle Canarie pose fine ad una geografia teologica astratta ed incurante dell’uomo, trasformandola in scienza attenta alle lotte, al profitto, al potere cioè alle logiche del capitalismo che gli uomini d’affari i genovesi in testa metteranno a frutto per il dominio dei mari”.